"Le opere di Imelda Bassanello sono un evento vitale per il passante, quello che si ferma, e vede ! Danno vita alle cose che loro toccano e anche cosi’ agli umani, che ne sono sempre al contatto.
Se si dovesse mai inventare una chiave per leggerle, potremmo dire, che quella sarebbe doppia. Aprirebbe lo sguardo sull’opera singolare e, simultaneamente, darebbe accesso ad una visione più ampia, alla scala dei luoghi. Essa permetterebbe cosi’ di ampliare l’orizzonte della nostra comprensione.
Ogni opera, che sia un quadro su una parete o una scultura piazzata sul suolo, è per se stessa una fonte di pura emozione, suscettibile di placare la sete di vita del passante, liberandolo dalle nebbie della quotidianità. Non sarebbe in questo caso la vocazione dell’arte ? Provocare la meraviglia e la freschezza d’un risveglio nella luce della lucidità.
Lo sguardo accarezza la pelle rugosa del legno impregnata di colori e la superficie dolce di terracotta inserita a volte nelle fibre. Le figure ci parlano, intensificando lo scambio, occhi penetranti, mani accarezzanti, ritmo musicale. Toccare non sarebbe qui una parola essenziale ?
Un magnifico verbo latino, « mulceo », esprimeva insieme la sensazione del tocco leggero, della carezza, del placarsi. La materia delle opere di Imelda Bassanello tocca l‘osservatore e lo placa. E nel placarsi dell’anima si aprono gli occhi, fioriscono i pensieri. Ecco la fortuna della fonte di una parola antica !
E sarebbe magia ? La mano dell’artista illumina la spazio intorno e crea dei luoghi. Le opere bisbigliano tra di loro, e fanno in modo che bisbiglino le cose, sveglie no i muri, le strade, le piazze, conferiscano a loro un’ esistenza sempre nuova pur rendendo un omaggio discretto al già esistente.
E questi luoghi, il passante li sente di più nel fremito del suo immaginario, avido dell’orizzonte sconosciuto delle cose. Né decoro né pubblicità, nessun calcolo, ma purezza, verità, l’artista lascia intravvedere l’essenziale. E i luoghi che Lei anima aprono cosi’ degli spazi per l’incontro con gli altri. "
Michel Perloff