" “Niente è mai fermo : Lo scorrere del tempo e delle idee diventano una strada da percorrere senza fermarsi. Esistono tappe, rettilinei, vicoli ciechi, scorciatoie e strade troppo strette. Quello che vediamo, sono le impronte lasciate durante il passaggio. Possiamo seguirle per trovare Imelda, ma per farlo dobbiamo camminare senza fermarci mai, cercando sempre, negli angoli, dentro i bauli, nella anime di legno delle vecchie cose, spargendo anima e colori ovunque. Dopo aver camminato tanto forse riusciremo a vederla mentre si allontana di nuovo.”
“La chiave è questa- mi sono detto- la chiave della sua pittura è proprio in questa presentazione che trovo nel curriculum di Imelda”
Ecco perché quando sono andato nel suo studio ho sentito il bisogno di camminare tra le sue opere, perché quello che ti propone lei con una sua opera è un cammino dentro te stesso, ma anche dentro le cose.
E’ una sensazione colorata quella che provi.
Ma, c’è un ma…..colori, sì, ma le figure sono sempre pensose, i paesaggi sono sempre vuoti, metafisici, sospesi.
Le poche volte che frequento lo studio di un pittore o di uno scultore, mi piace girovagare coglierne l’atmosfera. Immodestamente mi sento un po’ Maigret, quando sulla scena del delitto cerca di capire il mondo in cui il fatto è avvenuto.
Ora l’arte non è un delitto, ma è certo che, come nel delitto, in uno studio di artista si respira una “certa” aria : l’aria, il mondo di chi fa le opere.
E’ per questo che ho cominciato a girare nelle tre sale dove Imelda compie le sue opere e ho cercato di vivere nel suo mondo.
Mi sono così trovato circondato da bambini e bambine sospesi in un mondo fantastico, ma anche da paesaggi di reminescenze cubiste, da signorine sognanti, da amanti, insomma un mondo vario idealizzato. Un po’ charleston anni venti, se posso azzardare una datazione.
Il 2006 è per lei una data fatidica artisticamente parlando. Nel maggio Imelda prende una storica decisione : “E’ tempo – si dice – di passare dalla pittura alla scultura!” E’ nel suo carattere, credo, non accontentarsi mai. Così decide di passare dal quadro a due dimensioni alla scultura che propone le tre dimensioni.
Nel giugno del 2006 a Marsiglia, decide di fare sculture in legno e abbandona la prima idea di farle in ceramica.
Il legno è più caldo, più familiare a lei, poi la ceramica a Savona, ma soprattutto ad Albisola è abusata.
Essere coerente con sé stessa e non cercare sempre il mercato, ecco un’altra caratteristica che Imelda ha.
Le tappe della storia del passaggio da un genere all’altro, sono scritte in un diario di piccole dimensioni dove ad alcune annotazioni scritte seguono disegni di bozzetti preparatori.
“In genere – mi dice – io non faccio mai disegni preparatori, quando dipingo un quadro mi lascio portare dalla fantasia e dall’istinto, questa volta no, si vede che era importante ciò che sentivo”
Questo soprattutto vuole che racconti della sua pittura. Capisco, dal nostro colloquio, che, non tanto alla sua opera in generale mi riferisca, quando a questo suo ultima evoluzione.
Dalle opere nasce una visione del mondo, il mondo come lo vorrebbe lei : amanti, bambini, paesi, non c’è violenza mai, una sospensione della realtà bruta, un mondo di gioco, ma anche riflessivo intenso e attento all’esistere.
Quello che più mi ha colpito è che Imelda trasforma ogni materiale in opere d’arte. Che so : ante di finestre o di porte vengono dipinti con figure femminili e maschili, un soffitto è da lei affrescato con bambini che giocano ; tra tutte queste opere mi segnala, all’improvviso, ma con calma e tranquillità un legno dipinto con una ballerina in rilievo. “Ho cominciato qui a pensare alla scultura – mi dice lei- Con questo dipinto mi sono accorta che la pittura non mi bastava.” “Cercavi la terza dimensione?” “Anche, ma soprattutto cercavo un nuovo linguaggio. Che mi permettesse nuove soluzioni. Vedi, (gira la scultura in legno di una bambina seduta) ha due volti, il profilo, il davanti (gira la statua) e il viso visto di dietro.” Poi mi fa vedere una scultura di una bambina scolpita in cerchio e ancora una statua in legno che ha nel recto il volto di luna e nel verso una nuca coi capelli in rilievo. Nella parte bassa di questa statua semicircolare un vuoto e poi due mani che lo chiudono, il tono dei colori è verde grigio ed è molto diverso dalle tonalità sia dei quadri delle statue che sono sempre coloratissime e allegrissime.
“E’ una maternità – mi dice – ma vorrei che chi guarda non fosse influenzato da questo”
E’ una statua lignea dolcissima, flessuosa.
E’ il discorso che facevo all’inizio le sue opere non puoi limitarti a guardarle (già il guardarle è bello perché dà un senso di colore molto piacevole!) devi osservarle e, se le osservi, leggi sotto l’allegria questo vuoto, questa pensosità.
Questo ho “sentito” in quell’ora che sono stato ad indagare nel suo studio e questo trasferisco a chi avrà voglia di leggere queste poche righe.
Ora trasferisco le mie sensazioni a chi vorrà leggere chiedendo se anche voi provate lo stesse sensazioni. Questa la mia interpretazione chissà, quanto corrisponde a verità. "
Felice Rossello